Un’operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è in corso per l’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di presunti capi storici, elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle cosche della ‘ndrangheta De Stefano-Tegano e Libri operanti a Reggio Calabria. Sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Gli investigatori della Squadra mobile di Reggio e del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine, coadiuvati dagli operatori dei Reparti prevenzione crimine e di altre Squadre mobili italiane, stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e alcuni sequestri di aziende. Impiegati circa 200 agenti. I particolari dell’operazione saranno resi noti alle 11 nel corso di una conferenza stampa nella Questura di Reggio dal procuratore Giovanni Bombardieri, dal direttore centrale anticrimine Francesco Messina, dal questore Maurizio Vallone e dal direttore centrale operativo Fausto Lamparelli.

“Malefix” è il nome che gli investigatori della Polizia hanno dato all’operazione nel corso della quale, dalle prime ore di questa mattina, nella provincia di Reggio Calabria ed in altre province d’Italia, con il supporto delle Squadre Mobili di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino, Roma sono stati eseguiti numerosi arresti e perquisizioni nei confronti di capi e gregari delle storiche cosche della ‘ndrangheta De Stefano-Tegano e Libri operanti nella città di Reggio Calabria. Le indagini svolte dalla Polizia di Stato – sotto le direttive dei magistrati della Dda di Reggio – documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche, in posizione di preminenza nella città di Reggio e forniscono uno spaccato di rara chiarezza sulle gravi frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale De Stefano – Tegano e tra detta consorteria e quella dei Libri rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.

Il tentativo di scissione della famiglia Molinetti dalla casa madre De Stefano-Tegano di Archi

Attraverso il monitoraggio dei summit di ‘ndrangheta, gli investigatori della Polizia di Stato hanno ricostruito le dinamiche criminali che regolano il funzionamento del locale di Archi e il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti dalla casa madre dei De Stefano storicamente egemone anche nel centro della città di Reggio Calabria. La volontà di Gino Molinetti e dei suoi figli di rendersi autonomi dai De Stefano trovava le sue ragioni nel malcontento del gruppo familiare del Molinetti, consistente nella iniqua spartizione dei proventi estorsivi, nel mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno della organizzazione mafiosa, nella mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, nell’avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico. Il timore che i dissidi con Luigi Molinetti potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, induceva i fratelli Carmine De Stefano e Giorgio e ad investire della delicata questione Alfonso Molinetti, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli.

I contrasti della famiglia De Stefano con i Libri

L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria ha portato alla luce i forti attriti tra le cosche De Stefano-Tegano e Libri. Dalle attività tecniche è emerso che ciascuna consorteria raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Dalle indagini è emerso, inoltre, che Antonio Libri, che aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva saputo che – in occasione delle festività natalizie del 2017 – era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro (nell’ordine di alcune migliaia di euro), senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L’episodio estorsivo riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Di questo fatto Antonio Libri aveva informato Orazio Maria De Stefano, ritenuto esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta nonché altri esponenti della famiglia federata dei Tegano, con alcuni dei quali avrebbe organizzato un summit per definire nuove e congiunte prospettive di profitto attraverso l’innovazione delle modalità operative estorsive ai danni degli operatori economici e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie, una sorta di commissione tecnica con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere a un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio in danno delle attività economiche, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.

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